Lapidi della Divina Commedia (Siena)

Nel centro storico di Siena sono dislocate otto targhe che riportano alcuni passi della Divina Commedia di Dante, esiste infatti un reale legame tra i versi incisi su di esse e il luogo dove si trovano. Queste lapidi furono apposte nel 1921, in occasione dei 600 anni della morte del poeta.
Le citazioni riguardano i canti dell’Inferno per le prime due, mentre le altre sei riportano estratti del Purgatorio.

Prima lapide, pubblico dominio, bit.ly/2Fa1zYa

Sulla prima lapide si legge:

E tranne la brigata, in che disperse
Caccia d’Ascian la vigna e la gran fonda,
e l’Abbagliato suo senno proferse.

Inferno XXIX, vv. 130-132

Dante parla di un gruppo di giovani senesi, tutti di nobile estrazione, che intorno al 1270 si ritrovò in questo palazzo, conosciuto come Casa della Consuma. Il loro scopo era sperperare tutto il loro denaro, circa 216 mila fiorini. Il gruppo era riconosciuto infatti con il nome di Brigata Spendereccia.

Seconda lapide, pubblico dominio, bit.ly/2O0u3WU

Sulla seconda lapide si legge:

Ma s’io vedessi qui l’anima trista
di Guido o d’Alessandro o di lor frate,
per Fonte Branda non darei la vista.

Inferno XXX, vv. 76-78

Dante giunge nella bolgia dei falsari e qui spera di trovare i conti Guido II (podestà di Siena nel 1283) e Alessandro di Romena, protagonisti di un episodio in cui indussero Mastro Adamo a falsificare un fiorino d’oro per loro. Pur di trovarli il poeta scrive di essere disposto a rinunciare a bere l’acqua di Fontebranda anche se assetato.

Terza lapide, Nice Places

Sulla terza lapide si legge:

Ricorditi di me, che son la Pia;
Siena mi fé, disfecemi Maremma

Purgatorio V, vv. 133-134

Dante ricorda Pia de’ Tolomei: questa targa infatti si trova a Palazzo Tolomei. Pia de’ Tolomei visse nel 1200 e sposò Nello dei Pannocchieschi, ma secondo la leggenda suo marito la lasciò morire in Maremma accusandola di tradimento. Alla storia di questa donna è collegato anche il Ponte della Pia che si trova nei pressi di Sovicille (SI).
I versi riportano un desiderio espresso dalla Pia al poeta: lei gli chiede di ricordarla nelle sue preghiere.

Quarta lapide, Nice Places

Sulla quarta lapide si legge:

Quegli è, rispose, Provenzan Salvani
ed è qui perché fu presuntuoso
a recar Siena tutta alle sue mani.

Purgatorio XI, vv. 121-123

Il poeta parla di Provenzano Salvani, condottiero ghibellino senese il cui ruolo fu determinante nella vittoria della Battaglia di Montaperti contro i guelfi di Firenze. Salvati nasce nel 1220 e muore nel 1267, ma con le sue gesta riesce ad acquisire un potere tale da diventare, di fatto, signore di Siena.
Al suo nome è collegata la celebrazione, a Siena, della Madonna di Provenzano.

Quinta lapide, pubblico dominio, bit.ly/2TQOOde

Sulla quinta lapide si legge:

Liberamente nel Campo di Siena,
ogni vergogna deposta, s’affisse.

Purgatorio XI, vv. 134-135

Durante la Battaglia di Tagliacozzo (1268) fu catturato Bartolomeo Seracini, un amico di Provenzano Salvani; Seracini poteva essere liberato pagando una taglia da 10.000 fiorini, ma Salvani non aveva denaro a sufficienza. Il condottiero senese decise allora, mettendo da parte “ogni vergogna” di andare a chiedere aiuto pubblicamente in Piazza del Campo.
Nonostante questo gesto, Salvani finì tra i superbi.

Sesta lapide, pubblico dominio, bit.ly/2TyJkUV

Sulla sesta lapide si legge:

Savia non fui, avvegna che Sapìa
fossi chiamata, e fui de li altrui danni
più lieta assai che di ventura mia

Purgatorio XIII, vv. 109-111

Dante si trova nella seconda cornice dove espiano le anime degli invidiosi. Tra loro incontra Sapìa Salvani, zia di Provenzano Salvani: questa donna provava un’invidia talmente grande verso i suoi concittadini che ha provato soddisfazione quando i ghibellini furono sconfitti nella battaglia di Colle di Val d’Elsa del 1269, a cui la donna assistette di persona. Proprio in questa battaglia morì suo nipote Provenzano.

Settima lapide, pubblico dominio, bit.ly/2Hv2HHi

Sulla settima lapide si legge:

…ch’a memoria m’ebbe
Pier Pettinaio in sue sante orazioni,
a cui di me per caritate increbbe

Purgatorio XIII, vv. 127-129

Pietro da Campi, anche detto Beato Pier Pettinaio, visse a Siena nel 1200 e fu poi beatificato nel 1802. Quest’uomo viene nominato da Sapìa Salvani, la donna con cui Dante sta parlando e che si trova tra gli invidiosi per l’astio che ebbe verso Siena quando era in vita, di cui si pentì solo in punto di morte. Sapìa parla dell’uomo come colui che, grazie alle sue preghiere, rese più breve la sua permanenza nell’Antipurgatorio.

Ottava lapide, pubblico dominio, bit.ly/2HjnzlB

Sull’ottava lapide si legge:

… e perderagli
più di speranza che a trovar la Diana

Purgatorio XIII, vv. 152-153

Il poeta, con questi versi, si riferisce a due fallimenti di cui fu protagonista Siena e la sua repubblica, paragonando le vicende del porto di Talamone alla ricerca invana della Diana, leggendario fiume sotterraneo di Siena. Quello di Talamone fu il primo porto della Repubblica di Siena, ma si ricorda per essere stato attaccato dai pirati e dalle pestilenze: per questo Dante scrive che la “gente vana che spera in Talamone” perderà la speranza come la perse perché la Diana non fu trovata.

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